Intervista a Camillo Pasquarelli
Interessato a progetti di lungo termine attraverso la combinazione dell’approccio antropologico e del mezzo fotografico, negli ultimi cinque anni Camillo Pasquarelli ha lavorato a lungo nella valle del Kashmir (India), dapprima documentando il conflitto politico tra la popolazione e l’amministrazione indiana, e successivamente cercando di esplorare un approccio più personale e onirico.
Di seguito, ci racconta i suoi progetti, le sue aspirazioni:
Puoi parlarci un po’ delle tue ispirazioni? Con quali temi lavori spesso?
Direi che mi imbatto spesso in ispirazioni e suggestioni che arrivano da film, libri, musica, conversazioni e dalla mia vita quotidiana in generale. La scintilla può arrivare anche per caso, ma da quel momento inizio a fare molta ricerca prima di iniziare a scattare foto. Poi, quando sono effettivamente sul campo, lascio che il mio istinto prenda il sopravvento immergendomi completamente nel luogo o nell’ambiente sociale che mi interessa indagare. Penso che la serendipità giochi un ruolo cruciale in questa fase.
Non ho argomenti specifici che attraggono la mia attenzione più di altri. In effetti, mi piace cambiare tematiche molto spesso. Ma se devo guardare ai miei ultimi progetti, direi allora che mi occupo molto di questioni sociali e culturali esplorando in particolare nozioni come identità, memoria, percezione e storia.
Come vedi il tuo rapporto con il medium? Come usi la fotografia per esprimere la tua arte?
Nonostante la fotografia sia il mio primo vero amore, recentemente la mia attenzione si è spostata verso un significato più ampio di “immagine”: fotografie di seconda mano, riciclate, video, documenti, lastre.
In questo momento mi sento molto attratto da collaborazioni e contaminazioni da diverse arti e con diversi profili, al fine di raggiungere una pratica più collaborativa e interdisciplinare. Ma conservo una particolare fascinazione per il potere dell’ambiguità insito nella fotografia quando ingaggia lo spettatore in una dinamica fortemente attiva.
Hai qualche progetto in corso (o più recente) che vorresti condividere con noi?
Il mio ultimo lavoro, Monsoons never cross the mountains pubblicato da Witty Books a dicembre 2020, è un’indagine visiva sulla questione del Kashmir attraverso gli occhi dei bambini. È un’esplorazione del tema provando a decostruire l’iconografia della fotografia di conflitto attraverso una narrazione che preferisce evocare e disorientare piuttosto che spiegare. Questo progetto è decisamente contaminato e influenzato dai miei precedenti studi in Antropologia che, oltretutto, mi hanno portato in Kashmir nel 2015 per la mia tesi di laurea.
Al momento mi sto concentrando su un nuovo lavoro che indaga l’eredità odierna della figura di Cristoforo Colombo. Il fulcro di questa indagine sarà il ruolo dei processi della memoria, come vengono percepiti e le implicazioni in Italia e negli Stati Uniti, in particolare all’interno della comunità italoamericana e nativo-americana.
Abbiamo dovuto affrontare molte sfide quest’anno. Come vedi questo momento per l’arte? Sta cambiando la tua pratica?
Sta sicuramente influenzando la mia pratica, soprattutto per quanto riguarda le limitazioni nello spostarsi all’estero. Stavo giusto preparando il viaggio negli Stati Uniti per iniziare il lavoro su Colombo quando è scoppiata la pandemia a marzo.
Ma personalmente sento emergere una ulteriore, e anche più problematica, questione quando cerco di pensare e pianificare i progetti su cui vorrei lavorare a breve: creare immagini oggi significa che sarà difficile evitare i riferimenti visivi di questa pandemia, come ad esempio le persone che indossano le mascherine. Quello che mi preoccupa di più è creare un progetto che sarà poi per sempre incluso nella casella “epoca covid” anche se magari non affronta affatto quella questione.
Cosa ti aspetti da questa esperienza come talento di Futures?
Far parte del programma Future è una grande esperienza e sono curioso di scoprire nuovi interessanti lavori degli altri artisti selezionati. Mi aspetto di avere la preziosa opportunità di entrare in contatto con curatori ed editori. Per la mia esperienza, sono sicuro che fare rete, avere feedback e consigli da esperti del settore, rappresenta un momento cruciale di crescita per la carriera di un artista.
Monsoons never cross the mountains è stato selezionato dal PHMuseum tra i migliori progetti del 2020.
Intervista realizzata da FUTURES PHOTOGRAPHY.